Così diceva Luigi Cuomo in un’intervista telefonica rilasciata ai nostri microfoni il 25 febbraio scorso. Due giorni dopo l’esplosione di un ordigno piazzato davanti al suo ristorante Pizza Cozze e Babà a Porta a Prato a Firenze. E la DDA in effetti è arrivata, con polizia di stato e guardia di finanza ma per arrestarlo questa mattina all’alba nella sua abitazione fiorentina. Nell’ordinanza altre 12 misure cautelari. I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa. La base dell’attività criminale dei Cuomo era proprio il locale, la cui licenza era stata ottenuta tramite documenti falsi. Inoltre il clan era riuscito ad ottenere anche contributi a sostegno delle imprese per l’emergenza Covid. Una base operativa dove decidere come agire nel capoluogo toscano, su più fronti. Dalla ricettazione, al furto alla detenzione e porto abusivo di armi ed esplosivi. Nell’ordinanza anche due professionisti, tra cui un commercialista pratese che forniva supporto al clan camorristico in materia di immigrazione clandestina. Altro reato contestato dalla Procura Fiorentina oltre al riciclaggio e al reimpiego di denaro. Le indagini hanno subito una accelerazione quando le telecamere posizionate dagli investigatori, per monitorare le attività dei Cuomo, hanno ripreso la deflagrazione della bomba carta fatta esplodere davanti alla pizzeria. Il riconoscimento dei due attentatori, oggi arrestati, ha portato a scoprire una faida tra clan. I Cuomo e i Piedimonte, arrivati da Nocera inferiore.