Prato non pervenuta. Nella geografia politica del Pd, la seconda città della Toscana e terza del centro Italia, non esiste. O meglio, esiste ma solo come terminale di un elettorato che ha un certo peso, non come realtà con una identità propria così forte da esprimere un candidato per le politiche del 25 settembre, tolto il misero, inutile quarto posto al proporzionale della Camera andato all’ex sindaco di Poggio a Caiano. Questo il giudizio del partito nazionale stando all’elenco di nomi in corsa per un posto in Parlamento. E così per la prima volta nella sua storia, e a differenza di tutte le altre grandi città, Prato non vanta un suo candidato Pd. Un fatto che ha del clamoroso. Uno schiaffo in pieno viso ad una città che meritava, e merita, ben altro trattamento. Una macchia che non andrà via con nessuna candeggina. Prato emarginata ma intanto è qui che si produce ricchezza, è qui che il Pil regionale trova i numeri per sostenere i buoni piazzamenti su scala nazionale. E’ qui che si ragiona da sempre dell’importanza di aggregare i servizi pubblici in una Multiutility ed è da qui che parte la costruzione della holding: non un giochino, ma un progetto fatto di strategia e lungimiranza, di capacità imprenditoriale e industriale, di forza politica all’interno dell’area metropolitana. E a proposito di forza politica, è qui che Giani, nel 2020, da candidato alla presidenza della Regione, ha trovato terreno fertile mentre lavorava per arginare l’avanzata del centrodestra. E’ un problema di memoria corta? No o almeno non solo. A dare sponda alle decisioni di Letta, è stata prima di tutto la segreteria provinciale del Pd che non si è battuta per strappare un candidato. Pisa e Lucca insegnano che nulla è scritto sulla pietra, e che le decisioni prese nella lunga notte di Ferragosto da Letta con esclusioni eccellenti e paracadutati altrettanto eccellenti non erano vangelo. Il segretario Marco Biagioni – parole sue – “ha rispettato le scelte di Letta” e così, nell’unica casella importante che si è liberata, quella dell’uninominale della Camera, ci è finito l’ex braccio destro di Matteo Renzi, l’economista Tommaso Nannicini. Nome di spessore ma non pratese come è invece l’assessore comunale al Bilancio, Benedetta Squittieri, rimasta a piedi perché così ha voluto un pezzo del suo Pd. E con lei è rimasta a piedi quella fetta di elettorato che ancora una volta è chiamata a mettere una croce sulla scheda senza che questo serva a rappresentarla. Una cosa è certa: la resa dei conti nel Pd pratese, la sera del 25 settembre, un minuto dopo la chiusura delle urne.