FIRENZE - Maxifrode fiscale organizzata da professionisti attraverso società cartiere: quindici arresti

Le indagini della guardia di finanza sono partite nel 2020. Provvedimenti cautelari eseguiti in Toscana, Lazio, Emila Romagna, Lombardia, Veneto e Campania. Minacce di morte agli imprenditori che non volevano aderire al sistema
Nadia Tarantino
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Aziende esistenti solo sulla carta e intestate a prestanome, prive di struttura ma ugualmente in grado di sfornare fatture per operazioni inesistenti, incamerare denaro  e ottenere compensazioni dallo Stato. Un meccanismo collaudato e redditizio, messo in piedi da un ingegnere salernitano con la collaborazione di professionisti, in particolare commercialisti e ragionieri, attivo tra Prato e Firenze e smantellato da un’inchiesta della procura antimafia del capoluogo toscano che ha chiesto e ottenuto il carcere per tre persone e gli arresti domiciliari per altre 12. Per tutti l’accusa è associazione per delinquere. Tra gli indagati anche un commercialista pratese, ritenuto una delle menti della frode.

Le indagini, affidate alla guardia di finanza che all’alba di oggi, martedì primo luglio, ha iniziato l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni tra Toscana, Lazio, Emila Romagna, Lombardia, Veneto e Campania, hanno ricostruito il flusso di denaro generato da una serie di operazioni commerciali, economiche e finanziarie controllate dal promotore, disposto a tutto, perfino a minacciare gli imprenditori di assoldare un killer se non avessero aderito al sistema. Le società cartiere erano inserite nei settori della logistica, dell’informatica, dei trasporti e dei servizi di facchinaggio e, attraverso inesistenti investimenti nel campo della ricerca e dello sviluppo, e tramite l’apparente normale gestione aziendale, avrebbe consentito una indebita compensazione di 11 milioni di euro. Il denaro illecito veniva trasferito all’estero tramite fittizi contratti di consulenza e poi fatto rientrare attraverso altre società riconducibili al sodalizio criminale.

Le indagini, cominciate nel 2020, hanno consentito anche di ricostruire un altro interesse dell’organizzazione, sviluppato nel periodo dell’emergenza Covid: gli investigatori sostengono che alcune società del gruppo si sarebbero arricchite con soldi pubblici dopo aver certificato inesistenti attività di sanificazione ambientale come misura per contrastare la diffusione del virus e in questo modo arginare la pandemia.      

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