Il 2025 si chiude con dati pessimi per il manifatturiero toscano che registra un forte calo degli ordinativi, una riduzione delle produzioni, un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali e, in troppi casi, procedure di licenziamento o chiusure aziendali. Abissi profondi soprattutto per la filiera della moda, pilastro dell’economia toscana, che presenta nell’export valori negativi doppi rispetto agli altri comparti in difficoltà: siamo oltre il -20% nell’export. Cgil lancia l’allarme e i numeri le danno ragione. Dei circa 6.000 licenziamenti per motivi economici avvenuti nel comparto manifatturiero nel corso del 2024, circa 4.000 provengono proprio dalla filiera di questo settore.
La filiera della moda rappresenta uno dei pilastri dell’economia toscana: coinvolge oltre 110.000 lavoratrici e lavoratori e costituisce quasi il 40% dell’intero settore manifatturiero regionale. Oggi, però, questo patrimonio industriale e occupazionale è attraversato da una crisi profonda e sempre più strutturale. “I numeri della cassa integrazione parlano chiaro e sono drammatici”, dichiarano Fabio Berni della CGIL Toscana e Pina Angela De Vincenti e Loris Mainardi, che per la FILCTEM Toscana seguono il settore della moda. “Negli ultimi tre anni la cassa integrazione è aumentata in modo esponenziale: siamo passati da 2.344.628 ore autorizzate nel periodo gennaio-settembre 2023 nei settori tessile, pelli, cuoio e calzature, alle 7.322.286 ore nello stesso periodo del 2024, fino ad arrivare a 10.483.592 ore nei primi nove mesi del 2025. Particolarmente preoccupante è l’aumento vertiginoso della cassa integrazione straordinaria, cresciuta del 470% fino a raggiungere 5,5 milioni di ore. Questo è il segnale inequivocabile che siamo di fronte a una crisi diventata strutturale”.
“Considerando gli ultimi sei trimestri, tra il 2024 e il 2025, la moda toscana ha perso oltre un quinto del fatturato legato all’export, con un calo del 22% rispetto ai periodi precedenti”, spiegano Berni, De Vincenti e Mainardi -. Non possiamo più aspettare. Serve urgentemente un modello industriale che metta al centro il lavoro qualificato ed equamente retribuito, la presenza territoriale delle produzioni e che affronti i fattori critici, sempre più determinanti per lo sviluppo industriale: digitalizzazione, innovazione tecnologica, formazione, crescita della dimensione aziendale anche attraverso processi di aggregazione, sviluppo di sistemi di servizi capaci di favorire lo sviluppo di un’efficiente economia circolare e di mobilitare ingenti investimenti sul territorio”. I sindacalisti sottolineano con forza anche i ritardi del Governo nella tutela del patrimonio industriale toscano e nazionale: “Chiediamo urgentemente l’attuazione di una vera politica industriale in grado di difendere l’industria del nostro Paese, contrastare lo sfruttamento lavorativo e definire e finanziare ammortizzatori sociali in deroga effettivamente utilizzabili, a differenza di quelli proposti fino ad oggi – per via delle tempistiche e delle procedure previste -, da parte delle imprese industriali e artigiane dell’intera filiera”.
“Alla Regione Toscana – concludono Berni, De Vincenti e Mainardi – chiediamo di riprendere con urgenza la discussione sulla difesa del sistema industriale regionale, a partire dalle situazioni di crisi presenti, e di rafforzare, nell’ambito del tavolo della moda, il monitoraggio della situazione di un settore determinante per lo sviluppo del territorio e per la tutela di un lavoro stabile e dignitoso anche attraverso il coinvolgimento dei brand a capo della filiera. È in gioco il futuro di migliaia di lavoratrici e lavoratori e delle loro famiglie, oltre a quello di importanti distretti toscani e, quindi, di interi territori.”
TOSCANA - FILIERA MODA, BOOM DI CIG E DI LICENZIAMENTI. ALLARME CGIL
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