TOSCANA - IDROGENO IN TOSCANA TRA LUCI E OMBRE

Redazione
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La Toscana dispone di un solido capitale di conoscenze scientifiche e tecnologiche per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno, ma è ancora in una fase iniziale sotto il profilo produttivo e infrastrutturale. Lo dice l’Irpet in una ricerca specifica pubblicata nelle scorse settimane in cui esamina ruolo e prospettive dell’uso di questa sostanza, centrale nelle strategie di decarbonizzazione a livello sia europeo che nazionale, supportate da piani e fondi comunitari. Le prospettive più rilevanti riguardano alcuni settori industriali ad alta intensità energetica, la mobilità e le aree portuali, con possibili sinergie tra idrogeno e risorse rinnovabili regionali.
La Toscana ha un’abbondanza di centri di ricerca, sia pubblici che privati, come altrettanto importante è la presenza di aziende costruttrici di componenti e impianti, tra cui player di livello mondiale (Baker Hughes e Dumaray), ma la tecnologia non è ancora sufficientemente matura per essere economicamente competitiva su larga scala, e la mancanza di produttori e utilizzatori finali ne è un chiaro indicatore. Si registrano difficoltà normative e autorizzative, carenze infrastrutturali sia logistiche che di produzione, carenza di maggiori incentivi che abbattano il costo dell’idrogeno elettrolitico rispetto a quello grigio, mancanza di percezione sociale dell’emergenza climatica.
Sul fronte della domanda, i consumi imminenti, ossia da qui al 2035, vedono come ambito di applicazione più immediato l’idrogeno come materia prima nell’industria chimica (come nel polo di Rosignano) e nelle raffinerie (come quella di Livorno) nel rispetto della direttiva europea RED III che impone la sostituzione di una quota dell’idrogeno grigio con idrogeno rinnovabile, con scadenze già fissate: 20% al 2025 (20%) e 42% al 2030. Altri consumi imminenti potrebbero riguardare settori di nicchia come l’oreficeria ad Arezzo e alcune vetrerie.
Sui consumi potenziali futuri, ossia tra il 2035 e il 2050, le prospettive di maggiore impatto riguardano la produzione di e-fuels per il trasporto aereo e marittimo (e-kerosene, e-metanolo, eammoniaca) e l’utilizzo dell’idrogeno nel settore siderurgico. L’area della raffineria ENI di 17 Livorno e quella siderurgica di Piombino sono considerate strategiche per questi sviluppi. Il trasporto su strada, invece, è visto come un’applicazione a lungo termine e poco probabile, a meno di una drastica riduzione dei costi dell’idrogeno rinnovabile. I comparti industriali più difficili da decarbonizzare – fra cui chimica, cartario siderurgia e manifattura energivora – rappresentano settori in cui le applicazioni dell’idrogeno possono offrire soluzioni strategiche. In tali ambiti, l’idrogeno, anche in forma verde derivata da fonti rinnovabili, può costituire un vettore energetico a più alto contenuto tecnologico e ambientale, in grado di sostituire combustibili fossili per processi ad alta intensità energetica. Il settore dei trasporti rappresenta un ulteriore ambito in cui l’idrogeno può fornire un contributo decisivo, in particolare nelle aree portuali, nella logistica intermodale e nella mobilità pesante.
Come migliorare? Irpet suggerisce l’individuazione di aree di intervento che favoriscano la sinergia tra ricerca, produzione e consumo, per creare un ecosistema coeso. Le istituzioni pubbliche dovrebbero agevolare queste connessioni sopratutto per i progetti ad alto costo e con un orizzonte a medio-lungo periodo. L’area costiera grazie alla presenza di porti, l’industria chimica e acciaierie, sembra presentare le condizioni più favorevoli per l’avvio della filiera, ma ciò richiede un’attenta pianificazione in materia di Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). Un’idea da esplorare è la possibile integrazione con la produzione geotermica per la produzione di idrogeno.

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