La mamma: “Mia figlia simbolo di ingiustizia”

PRATO - MORTE LUANA : ASSOLTO IL TECNICO MANUTENTORE

Nadia Tarantino
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Due ore di camera di consiglio e poi la lettura della sentenza: “Assolto per non aver commesso il fatto”. Pochi secondi e Mario Cusimano, il tecnico manutentore a processo per la morte di Luana D’Orazio, scoppia in un pianto liberatorio. Piange e abbraccia l’avvocato Melissa Stefanacci che non riesce a nascondere l’emozione. E abbraccia a lungo la moglie che è rimasta in disparte, nelle ultime sedie dell’aula Galli Alessandrini, al secondo piano del Palazzo di giustizia di Prato, a sperare che finisse come è finita. La sentenza è arrivata alle 17.30 in punto: Cusimano assolto con formula piena dai reati di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche.

Delusione, amarezza, dolore per Emma Marrazzo, la mamma di Luana: “Me l’aspettavo – ha detto – mia figlia simbolo di cosa? Ve lo dico io – ha detto rivolta ai giornalisti – mia figlia simbolo di ingiustizia. Non è vero che la legge è uguale per tutti come è scritto lì, su quel muro”.

Lacrime negli occhi di tutti alla fine di un giorno atteso da anni e sul quale pesava la richiesta di condanna a due anni e otto mesi avanzata dal pubblico ministero Vincenzo Nitti. Luana D’Orazio, mamma di 22 anni, apprendista dell’Orditura A con sede a Oste (Montemurlo), morì il 3 maggio 2021, inghiottita dall’orditoio al quale stava lavorando. Una fine atroce: l’esile corpo risucchiato dal macchinario che non smise di girare, che non si bloccò, che non lasciò scampo perché privato delle protezioni di sicurezza.

Mario Cusimano, che si è sempre dichiarato innocente, non ha rilasciato dichiarazioni: aveva detto che non avrebbe parlato neppure in caso di assoluzione e così è stato. Per lui ha parlato il pianto, hanno parlato i singhiozzi, la commozione. “Oggi – il commento dell’avvocato Melissa Stefanacci – è stata scritta una pagina di giustizia e verità: non è stato Mario Cusimano a rimuovere le sicurezze di quel macchinario. Cusimano le sicurezze le mette, non le toglie. Speravo in questo finale, ci ho sperato tantissimo perché so di aver assistito un uomo onesto, un uomo buono e leale. Chi è stato a manomettere il macchinario? Non spetta a noi dirlo, noi diciamo che non è stato Cusimano e oggi ce lo dice anche il tribunale”.

E’ un fiume in piena, dall’altra parte dell’aula, Emma Marrazzo: “Sotto tre metri di terra c’è mia figlia, questa è giustizia? Il ministro Nordio è contento di questa giustizia? Io no, io non sono contenta di come vanno le cose in questo Paese. La morte di mia figlia definita un evento, liquidata così: dovevano indagare tutti, tutti dovevano finire a processo. Io non ci credo all’innocenza di Cusimano: mia figlia tornava dal lavoro e ogni giorno mi diceva che il macchinario al quale era addetta non funzionava, che era tronco e che serviva sempre l’intervento del manutentore. Poi il processo ci viene a dire che quel ponticello realizzato per fare in modo che non entrassero in funzione le protezioni di sicurezza è una cosa facile da fare, alla portata di tutti. Sapete come è morta Luana? E’ stata lei a togliere le sicurezze, l’ha fatto lei quel ponticello: va bene così”?

C’è anche Alberto Orlandi, fidanzato di Luana: “Uccisa di nuovo, morta per la terza volta: morta quando il macchinario se la portò via, morta quando ai titolari fu concesso il patteggiamento a pene minime, morta oggi che usciamo da questo tribunale con una assoluzione”. Parole piene di dolore in un’atmosfera cupa che è la stessa di tre anni fa quando Luana Coppini e Daniele Faggi, i coniugi titolari dell’orditura, furono condannati con il patteggiamento rispettivamente a due anni e a un anno e sei mesi. “A mia figlia dirò stasera che è stata fatta ingiustizia – ha aggiunto Emma Marrazzo – le dirò che per qualcuno è finito l’incubo ma che per noi l’inferno continua”.

L’avvocato Daniela Fontaneto, legale di Emma Marrazzo, è andata oltre la sentenza di assoluzione: “Noi volevamo prima di tutto che Luana fosse l’ultima vittima sul lavoro e invece la storia ci insegna che non è così. La battaglia di Emma, a cui la forza arriva da Luana, deve portarci a dire che le norme vanno cambiate: ci sono posizioni di garanzia, ci devono essere delle condanne che non permettono a dei datori di lavoro di rendere uno strumento di lavoro uno strumento di morte. Non deve accadere più”

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