L’ultima vertenza in ordine di tempo di Sudd Cobas è quella in corso da una settimana davanti al pronto moda Miluna, in via dei Fossi, nel Macrolotto 1, la zona produttiva che concentra centinaia di capannoni nei quali si tagliano, si cuciono, si confezionano e si mettono in vetrina i capi di abbigliamento che ogni giorno prendono la via di tutta Europa. Questa volta gli operai che hanno chiesto tutela al sindacato autonomo sono due, entrambi pachistani ed entrambi convinti a intraprendere la via sindacale da un connazionale che, dopo un picchetto di qualche giorno nella fabbrica che confina con il pronto moda Miluna, ha ottenuto un regolare contratto di lavoro.
Slogan, bandiere, striscioni, cartelli e brandine sulle quali trascorrere la notte: “I nostri picchetti non conoscono sosta – ancora Gambassi – giorno e notte davanti alle fabbriche fino alla firma del contratto”. E’ il ‘metodo’ Sudd Cobas: con gli operai fino all’affermazione della legalità lavorativa. “Persone che lavorano qui da tempo – dice Arturo Gambassi – una addirittura aveva chiesto di essere regolarizzata e oggi scopriamo che ciò era stato fatto sottraendo soldi dalla busta paga e intestando il contratto ad una azienda diversa”.
I cinesi non ci stanno e chiedono di parlare con la stampa: “Sono un operaio – dice un giovane – Sudd Cobas sta qui e non ci permette di uscire per portare fuori le nostre cose personali. Mia sorella si sposa tra qualche giorno, volevo portare trapunte, coperte e altre cose ma non ho potuto perché non mi hanno fatto passare. Stanno qui e non ci fanno tornare a casa. E poi tutte le sere accendono il fuoco con legna che penso sia tossica e il fumo entra nel negozio”. E sulla condizione dei due operai che hanno chiesto aiuto a Sudd Cobas? “Non lo so, non conosco. Sono in prova”.
Inutile chiedere di parlare con la proprietà. Interviene una donna cinese, madre del giovane “operaio”, che si qualifica come “modellista del pronto moda”: “Parlo un po’ italiano e così posso spiegare ai titolari che invece non lo parlano. I due sono venuti a cercare lavoro e gli abbiamo detto che dovevano fare la prova, non hanno mai chiesto niente e ora ci ritroviamo in questo modo, con queste persone che protestano davanti all’azienda senza preavviso. Devo portare il corredo a mia figlia che si sposa ma non mi fanno passare e non so cosa vogliono”. Sudd Cobas vuole “il contratto di lavoro e turni di otto ore al giorno per cinque giorni a settimana con il riconoscimento di tutti i diritti previsti dalla legge”.
L’impegno del sindacato prosegue qui, in via dei Fossi, come altrove: “Gli ultimi quattro picchetti – spiega Gambassi – hanno già portato a chiudere tre accordi. Se le cose fossero normali, soprattutto in aziende dove i numeri sono piccolissimi, al sindacato basterebbe scrivere, il titolare risponderebbe mettendo a posto le cose senza costringerci a stare davanti ai cancelli per giorni e notti”.
La battaglia di Sudd Cobas è concentrata attualmente sui pronto moda: “Oltre a essere le aziende che impongono tariffe e tempi di lavorazione alle confezioni e alle stirerie agevolando così lo sfruttamento – dice il sindacalista – sono anche le stesse in cui le persone lavorano in condizioni di sfruttamento, da lunedì alla domenica senza contratto”.
Picchetti in contemporanea possibili anche grazie ai quei lavoratori che hanno già lottato e ottenuto i loro diritti: “Persone che prima e dopo i turni in fabbrica – spiega Gambassi – donano il loro tempo per aiutare chi è senza contratto e si batte per averlo. E’ la solidarietà che sta alla base del nostro impegno”. (nt)