PRATO - VIOLENZA AL PICCHETTO SUDD COBAS: DENUNCIA DEL SINDACATO

Nadia Tarantino
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Momenti di tensione nella mattina di oggi, martedì 16 settembre, davanti all’azienda ‘L’Alba’, in via delle Lame, al confine tra Prato e Montemurlo dove da qualche giorno è in corso il picchetto del sindacato autonomo Sudd Cobas al fianco degli operai che rivendicano i loro diritti. I disordini hanno coinvolto i lavoratori in sciopero e la proprietà dell’azienda intenzionata a sciogliere il picchetto. Sono volati pugni e alla fine il bilancio parla di due persone finite all’ospedale: uno degli operai e la titolare della ditta soccorsa in codice rosso per un malore.
“Qui siamo nella filiera dei brand della moda – le parole di Francesca Ciuffi di Sudd Cobas – qui si producono capi che arrivano a costare anche un mese di stipendio di un operaio. A un anno dalle aggressioni di Seano, di nuovo vediamo scene di violenza e aggressione contro chi sciopera per difendere i propri diritti”.
Sul posto le ambulanze della Croce d’Oro e i carabinieri in forze per riportare la calma. Francesca Ciuffi ha denunciato quando accaduto: “Distrutto il presidio sindacale e preso a pugni un operaio – le sue parole – Prato deve dire basta alla violenza contro i lavoratori, basta ai subappalti selvaggi, basta alla giungla di sfruttamento che sta distruggendo il territorio”.
Il sindacato da anni si batte contro lo sfruttamento nelle fabbriche del distretto. Una battaglia fatta di picchetti, di presidi, di tende montate fuori dai capannoni per passare le notti e di gazebo sotto i quali ripararsi dal sole o dalla pioggia, a seconda delle necessità, perché non ci sono mai pause e le proteste vanno avanti h24 sino al riconoscimento dei diritti che sono principalmente turni di lavoro di otto ore al giorno per cinque giorni a settimana, ferie, malattia, permessi.
Appello alla città a stringersi attorno agli operai de ‘L’Alba’: “Noi siamo pronti alla mobilitazione e chiediamo che tutti vengano a sostenere le nostre ragioni”. Appello anche ai brand della moda: “Devono controllare come si lavora nella loro filiera – conclude Francesca Ciuffi – chiameremo in causa anche loro perché li riteniamo responsabili di queste situazioni”.

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