PRATO - Morte Luana, il pm chiede 2 anni e 8 mesi per il tecnico accusato di aver manomesso l’orditoio. Sentenza a novembre

Sul banco degli imputati Mario Cusimano, il manutentore che lavorava per l'orditura nella quale il 3 maggio 2021 è morta la giovane operaia e mamma. La difesa ha ribattuto punto per punto all'accusa. La madre della vittima: "Spero in una sentenza giusta". La decisione il 18 novembre
Nadia Tarantino
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Per la morte di Luana D’Orazio, il pubblico ministero, Vincenzo Nitti, ha chiesto una condanna a due anni e otto mesi a carico di Mario Cusimano, il manutentore accusato di omicidio colposo (1 anno e 4 mesi) e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche (1 anno e 4 mesi). Una condanna che va oltre quelle a due anni e a un anno e 6 mesi patteggiate da Luana Coppini e da Daniele Faggi, i coniugi titolari dell’orditura A a Montemurlo dove l’operaia e mamma di 22 anni morì il 3 maggio 2021, risucchiata dall’orditoio al quale era addetta. La richiesta del pm ieri, martedì 28 ottobre al termine della requisitoria che, davanti al tribunale di Prato, ha ricostruito gli elementi che portarono la procura a iscrivere sul registro delle notizie di reato anche Cusimano e quelli raccolti durante il dibattimento. Nitti, che ha chiesto l’assoluzione per le manomissioni riscontrate sul macchinario gemello di quello in cui si è verificato l’infortunio mortale, è stato chiaro: non c’è la pistola fumante, non ci sono prove certe ma una serie di indizi precisi e concordanti che vanno in una unica direzione.  

Presente in aula Cusimano accanto al suo avvocato, Melissa Stefanacci, che, nell’arringa durata oltre due ore, ha smontato le accuse e ribadito che il tecnico manutentore non ha operato alcuna modifica all’orditoio e, al contrario di quello che sostiene l’accusa, non è intervenuto sul quadro elettrico per fare in modo che il macchinario potesse funzionare in modalità ‘lepre’ anche con la saracinesca alzata che, in questa posizione, ha permesso a Luana D’Orazio di trovarsi in un punto troppo prossimo al cilindro che l’ha agganciata e avvolta in quello che fu definito durante le indagini preliminari “un abbraccio mortale”. L’avvocato Stefanacci ha insistito sulla sua tesi, quella della prima ora, e cioè che sono stati altri a mettere le mani sul quadro elettrico dell’orditoio e che quella modifica, vale a dire la costruzione di un ponticello utile a mettere fuori uso i dispositivi di sicurezza, era alla portata di chiunque fosse in grado di leggere un circuito elettrico. Scontro anche su un altro punto: la velocità del macchinario al momento della tragedia: ‘lepre’ per l’accusa, ‘tartaruga’ per la difesa che ha spiegato la sua convinzione con il fatto che l’orditoio, quando ha agganciato Luana, aveva caricato una quantità di filato tale da far ragionevolmente pensare che la fase della lavorazione fosse all’inizio. La difesa di Cusimano ha anche sottolineato come chi aveva la responsabilità della sicurezza anche di quel macchinario non abbia mai sollevato questioni sui dispositivi di protezione del lavoratore.

Un’udienza fiume quella di ieri con anche gli interventi delle parti civili: gli avvocati della famiglia dell’operaia, quelli dell’Inail, dell’Anmil e della Cisl, unico sindacato a costituirsi.

Un’udienza sofferta, l’ultima prima della sentenza che il giudice Jacopo Santinelli pronuncerà il 18 novembre.    

In aula anche la mamma di Luana D’Orazio, Emma Marrazzo: “Spero in una sentenza giusta, quella del patteggiamento non lo è stata”, il suo commento.  (nadia tarantino)

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