Il “granaio” toscano ha perso, in meno di 20 anni, la metà delle superfici di grano duro. Siamo passati dai 96 mila ettari del 2006 ai 43 mila del 2024. Il dato è fornito da Coldiretti in occasione dell’inizio della trebbiatura in maremma. Questa diminuzione, insieme all’invasione del prodotto straniero che ha affondato i prezzi riducendo all’osso i margini di guadagno, ha spinto molti agricoltori toscani ad aumentare la produzione di altri cereali (detti anche “antichi”) che sono blindati da contratti di filiera che mettono al riparo le aziende da molti rischi. Sempre Coldiretti ha infatti registrato un incremento della produzione di farro, favino, frumento tenero e girasole per la produzione di biodiesel e orzo rustico utilizzato nella filiera della birra agricola. Ma anche la produzione del lino da fibra, utilizzato per l’industria tessile, sta vivendo un momento di rinascita. A Prato, una storica aziende di cerealicoltori, ha decuplicato i terreni impegnati per questa coltura passando da pochi ettari ad oltre cinquanta in appena quattro anni.”Nel 2023 – spiega la presidente di Coldiretti Toscana, Letizia Cesani a proposito della crisi del grano – le importazioni di grano canadese, per cui viene utilizzato glifosato nella fase di preraccolta, un erbicida cancerogeno, sono cresciute del 68%. Se importo grano turco a basso prezzo e di scarsa qualità, affondo i produttori italiani che, al contrario, rispettano tutta una serie di standard di sicurezza alimentare con conseguenti costi superiori. – continua Cesani – Noi crediamo sia urgente applicare questo principio soprattutto per i cereali: chi vuole importare prodotti in EU deve rispettare le nostre stesse regole”.
TOSCANA - FRUMENTO: LE VARIETA’ ANTICHE PER SUPERARE LA CRISI DEL GRANO
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