“Non è stata presa alcuna decisione. Non ci sono aggiornamenti. Il Consolato prosegue con le sue normali attività”. E’ questa la stringatissima risposta che otteniamo dal Consolato americano a Firenze quando gli chiediamo della notizia, lanciata ieri da Washington dall’agenzia Ansa, secondo cui il Segretario di Stato Marco Rubio avrebbe inviato al Congresso il suo piano di riorganizzazione del Dipartimento di Stato. Piano che conterrebbe anche la chiusura di circa 30 ambasciate e sedi diplomatiche all’estero, tra cui anche quella fiorentina. Che la risposta del Consolato sia dettata dall’indole naturalmente diplomatica o da altre ragioni non è ancora chiaro ma quello che è certo è che di questa ipotesi di parla da mesi, fin’ora solo tramite indiscrezioni giornalistiche. Il Consolato americano, uno dei tre in Italia insieme a Milano e Napoli e che ha competenza anche per l’Emilia Romagna (ad eccezione delle province di Parma e Piacenza) e la Repubblica di San Marino – venne aperto a Firenze nel 1819. La città faceva parte del Grand tour, il lungo viaggio per l’Europa intrapreso dalle aristocrazie; anche il Consolato britannico venne aperto in quegli anni e quello è già stato chiuso, per gli stessi motivi di spending review. Fece rumore ma non così tanto: era il 2011, addirittura preBrexit. Gli USA sono un’altra cosa. “Continuiamo a fornire servizi per garantire la sicurezza degli 85.000 residenti americani, dei 4 milioni di turisti americani e dei 18.000 studenti americani che visitano il distretto consolare ogni anno – ci fa sapere il Consolato e i numeri che elenca forse raccontano tra le righe una preoccupazione che serpeggia fin dalla prima indiscrezione giornalistica sulla chiusura del Consolato. Ospitiamo anche oltre 400 aziende americane che impiegano oltre 40.000 italiani. Oltre 200 di queste aziende si trovano in Toscana e danno lavoro a 26.000 persone, prosegue la nostra fonte. E probabilmente il punto è proprio questo, economico, tanto che il Presidente della camera di Commercio di Firenze ha scritto al ministro degli Esteri Antonio Tajani e al sottosegretario dello stesso dicastero Giorgio Silli affinché si adoperino per scongiurare la cancellazione della sede diplomatica fiorentina, presidio “strategico e fondamentale pilastro per le relazioni bilaterali tra Toscana e Stati Uniti”. Con il 35% del totale delle importazioni – sottolinea Massimo Manetti – gli Stati Uniti si confermano il primo Paese fornitore di beni verso il nostro territorio. Nel 2024, le importazioni toscane dagli Stati Uniti hanno superato 2,5 miliardi di euro, registrando un incremento del 21% rispetto al 2023″. Il Consolato in questo senso funge da facilitatore e acceleratore di rapporti. Il suo rientra nel cosiddetto Soft Power, un termine che indica la capacità di un Paese di intessere relazioni internazionali attraverso risorse intangibili come “cultura e rapporti con le istituzioni politiche”. Concetto troppo soft e troppo poco di impatto immediato, evidentemente, per la politica hard di Donald Trump. Soprattutto in clima di spending review. Molto importante invece per Palazzo Vecchio che con gli Stati Uniti ha sempre avuto un rapporto privilegiato; “L’intero mondo sarà per sempre in debito nei confronti di Firenze” era scritto nella lettera che il sindaco Bargellini inviò, dopo l’alluvione, a Jacqueline Kennedy per chiedere aiuto”. E’ la stessa sindaca Funaro a ricordarle, definendo la scelta di chiudere il Consolato scellerata e incomprensibile.
Anche le Università americane che abbiamo contattato (ce ne sono una trentina a Firenze) non vedono in generale di buon occhio la perdita del Consolato anche se, spiegano, non cambierebbe i numeri delle iscrizioni. Oltre alle voci istituzionali sarebbero infatti soprattutto i cittadini USA a doversi muovere per scongiurare la chiusura della sede fiorentina. Tra i turisti, se tutti sono “tranquillizzati” da una presenza USA a Firenze, le opinioni divergono tra chi è contro Trump come questa signora che sottolinea la storia di un’amica a quale (a Brindisi) hanno rubato i documenti ed è dovuta arrivare fino a Roma. E quest’altra – una sostenitrice del presidente – che si chiede soprattutto quanto costa il Consolato USA al contribuente americano. Se è per risparmiare sono d’accordo che venga chiuso, dice. La presenza di un consolato a Firenze è stata dirimente nello scegliere di venire qui? le chiediamo.
FIRENZE - CONSOLATO USA VERSO LA CHIUSURA: FUNARO, “FAREMO IL POSSIBILE PER IMPEDIRLO”
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